giovedì 30 giugno 2011

FRANCESCO CITO

Francesco Cito, è nato a Napoli il 5 maggio 1949, vive a Milano. Dopo aver frequentato le scuole superiori, decide di abbandonare gli studi e gira l’Europa. Nel 1972 si ferma a Londra per dedicarsi alla fotografia, da sempre il suo obbiettivo, quando ancora bambino, leggeva Epoca, sognando un giorno di emulare Walter Bonatti. Il suo intento nella capitale Britannica è di frequentare i corsi di fotografia presso il Royal Art College, ma deve  constatare purtroppo che la scuola era troppo cara per le sue possibliità. Per sopravvivere nella Londra dei favolosi anni 70, si adatta ai più svariati mestieri, dal lavapiatti in un ristorante in King’s Road, al facchino ai Magazzini Harrod’s in Knightsbridges, per poi lavorare al Ronnie Scott’s, tempio del jazz. Dopo un anno di esperienza lavorativa per un settimanale di musica pop-rock, nel 1975 diventa fotografo-free-lance ed inizia a collaborare con il Sunday Times Magazine, che gli dedica la prima copertina con il reportage “La mattanza ” . Successivamente collabora con L’Observer Magazine.
Nel 1980, dopo l’invasione sovietica, è uno dei primi fotoreporter a raggiungere clandestinamente l’Afghanistan occupato, percorrendo a piedi oltre 1200 Km al seguito di vari gruppi di guerriglieri (Mujahiddin). Tra la fine del 1982 e l’inizio dell 83, realizza a Napoli un reportage sulla camorra. Verrà pubblicato in tutto il mondo, dal settimanale Epoca al tedesco Stern, da Life a Die Zeit Magazine.
Nel 1978 per The Sunday Times Magazine aveva realizzato, sempre a Napoli, un reportage sul contrabbando di sigarette dallo interno dell’organizzazione contrabbandiera. Nel 1983 è inviato sul fronte Libanese dal settimanale Epoca per un reportage sul conflitto in atto nella P.L.O.  (Organizzazione Liberazione Palestina) tra i pro siriani del leader Abu Mussa e Yasser Arafat e suoi sostenitori, ed è l’unico fotogiornalista a documentare la caduta di Beddawi (campo profughi), ultima roccaforte di Arafat in Libano. Seguirà gli eventi libanesi fino al 1989. Nel 1984 inizia il suo lavoro sulla Palestina e sulle condizioni del popolo palestinese all’interno dei territori occupati della West Bank  (Cisgiordania)  e la Striscia di Gaza. Dall’ inizio della prima intifada 1987-88, al 1994, resta ferito tre volte durante gli scontri, due volte dai soldati israeliani ed una dai rivoltosi palestinesi (Shebbab) durante un reportage sui settlers  – i coloni ebrei oltranzisti – per il settimanale tedesco Stern. Nell’aprile 2002, è tra i pochi ad entrare nel campo profughi di Jenin, sotto coprifuoco durante l’assedio israeliano, come anche a Betlehem. Nel 1989 è inviato dal Venerdi di Repubblica di nuovo in Afghanistan e ancora clandestinamente, per raccontare la ritirata sovietica e la possibile presa di Kabul da parte della resistenza (Mujahiddin) la quale avverrà solo nel 94.Tornerà in zona di nuovo nel 1998 inviato da Panorama Magazine. Nel 1990, ancora per il Venerdi di Repubblica è tra i primi fotoreporter in Arabia Saudita durante lo sbarco dei Marines USA dopo l’invasione dell’Irak in Kuwait. Primo conflitto Guerra del Golfo e ci resterà fino alla liberazione nel marzo 91. A più riprese è presente nell’area Balcanica dalla Bosnia al Kossovo durante i vari conflitti interetnici e in quelli Albanesi. Nel 2007 è invitato dal Governatorato di Sakhalin (Russia) per la realizzazione di un lavoro fotografico sul territorio da divenire una mostra e un foto libro. Ancora nel 2007, l’ Associazione Corigliano per la Fotografia, lo invita a realizzare un reportage sulla città e dintorni, da esporre in una mostra in ambito della manifestazione annuale. In Italia segue i fatti di mafia e di camorra in particolare, ma anche altri aspetti di vita sociale. Da anni segue il Palio di Siena a seguito di una contrada, quella del Nicchio in particolare, per raccontarne la tradizione e la passione secolare del popolo senese. Negli ultimi tempi, l’obiettivo è anche puntato sulla Sardegna fuori dagli itinerari turistici, e ancora, segue un progetto sui problemi della sordità tra i bambini palestinesi a seguito degli eventi bellici e tare ereditarie a causa dei matrimoni fra consanguinei nella West Bank in Palestina.




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