giovedì 30 giugno 2011

Fotografia, mediterraneità e umana conoscenza di Cosmo Laera

Avviare una ricerca e rendere la fotografia il mezzo di conoscenza ottimale tra più persone in più luoghi – luoghi che corrispondono alla città in cui si vive o al posto in cui si lavora – e, a dispetto di distanze e tempi, scoprire l’identità remota, la vena profonda che le rende parti di un microcosmo, quello della fotografia, appunto: questo, sostanzialmente, l’intento di questo volume.
I network più in auge, trasversali e democratici, pongono oggi l’individuo in condizione di manifestare le proprie idee anche a prescindere dalle potenzialità della tecnologia e un numero rilevante di persone si concentrano, legate dal comune interesse di conoscere un determinato fenomeno. Si genera pertanto una specie di fenomenologia della conoscenza, seppure virtuale.
Mi pare opportuno, a questo punto, chiarire meglio i precedenti di questo progetto di ricerca, che si pone come conseguenza e congiunzione derivate, almeno concettualmente, da esperienze espositive ed editoriali comuni, fondate sulla conoscenza diretta con i cinquanta autori invitati, e che ha potuto tradursi in realtà grazie ad un editore illuminato, Francesco Favia, e alla sintonia  di vedute da tempo creatasi con Clara Gelao, direttrice della Pinacoteca Provinciale di Bari. L’ambizione del progetto è quella di congiungere ancora una volta le rive di un mare troppo spesso alla ribalta della cronaca solo per questioni antiche di esodi e migrazioni di popoli, fughe e approdi, e di esplorare quanto abbia inciso, sulla visione di ogni singolo autore, la percezione dilatata del tempo, del flusso di memorie e di maree, della forza di una dimensione ancestrale che si riflette nella luce o nelle ombre lunghe di un pomeriggio indipendentemente dalle latitudini: una dimensione che abbiamo definito esprit méditerranéen e che accomuna tutti gli autori invitati, a prescindere dal “dove” le contingenze li abbiano poi portati. Fine prioritario di questa raccolta d’immagini è insomma quello della conoscenza, il conoscersi a Berlino piuttosto che a Londra o alla Bovisa, il trovarsi a ragionare di visioni e di spunti per un lavoro comune, il tirar fuori l’attaccamento spesso mimetizzato per le proprie origini, che riemergono inaspettatamente al primo cenno di una cadenza nella voce, il riconoscersi nella comune scelta di aver dovuto ‘prendere il largo’ per mille ragioni.




La fotografia introduce alla narrazione della propria storia, come possibilità di agire all'interno di un mezzo espressivo che svolge il ruolo di collante per un rapporto interpersonale, fondamentale per avviare i termini di un dialogo, per comporre una sorta di antologia che contiene le biografie per immagini degli autori, la loro personale interpretazione di ritratti, paesaggi, interni: risposta corale e testimonianza della propria presenza, delle proprie idee. 
Attraverso l’approfondimento della reciproca conoscenza è possibile forse offrire una risposta alternativa, tendenzialmente coerente e comune, ad un processo sociale che può generare alienazione e perdita del senso di identità, un’identità che è invece quanto mai vitale e presente, come appare evidente dalla ricerca artistica presentata sotto il titolo, volutamente evocativo, di Esprit méditerranéen.





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